Auto elettrica, la ricarica è sprint: ora il rifornimento si fa in pochi minuti

La ricarica dell’auto elettrica, un mondo tutto da scoprire. In un futuro non molto lontano, sarà un aspetto da dimenticare. Le vetture a batterie non avranno più cavi e prese per fare rifornimento, si alimenteranno per “induzione”. Sarà sufficiente parcheggiare, nel proprio box o al centro commerciale, e l’energia passerà magicamente al veicolo attraverso una piastra camuffata nel pavimento. Facile, facile. E l’importo dell’operazione, che può essere anche flat, va direttamente accreditato sul conto. Poco tempo dopo si potrà “acchiappare” elettricità anche in movimento. Riducendo la capacità della batteria, con notevole risparmio di peso e costi e con vantaggi ambientali perché i materiali degli accumulatori possono essere spesso preziosi e non facili da riciclare. Sarà sufficiente passare su delle corsie dedicate o le auto potranno anche scambiarsi energia al semaforo. La vettura che ne ha di più (e magari sta rientrando a casa) può cederla a quella che è in viaggio e si trova in “riserva”. Sempre per induzione.

I veicoli saranno in grado di dialogare fra loro e quello fornitore di “carburante” dovrà autorizzare l’operazione dopo essersi accertato che il prezzo di transazione sia migliore di quello sborsato all’origine. Non è un modo per fare la “cresta”, è il costo di un servizio reso. Anche perché i veicoli che si alimentano dai pannelli solari vantano emissioni e costi azzerati. Attualmente l’operazione di rifornimento è un mix fra velocità e costo. Quando si ha fretta si può anche pagare di più. Se c’è tempo, è conveniente sborsare il meno possibile. Conoscendo come funziona l’operazione ci si muove decisamente meglio. Soprattutto quando si utilizzano le colonnine pubbliche e non il garage di casa. Il tempo può essere decine di volte più veloce e l’energia costare cinque volte di più. Ogni vettura ha una capienza della batteria e una certa velocità di ricarica. Più capace è l’accumulatore, più servirà tempo; più veloce è il sistema di ricarica, più sarà rapido il pit stop. Questo dalla parte del veicolo. Poi c’è la fonte, la colonnina, che influisce in maniera determinante. In pochi anni, infatti, la scelta è diventata vastissima. La ricarica può essere a corrente alternata o continua (di solito arriva a potenze più elevate). Si vai dai 3 kW delle prese domestiche o delle primissime colonnine pubbliche, ai 350 kW dei più recenti punti ultrafast. La differenza è enorme, di oltre 100 volte. Un punto di riferimento è diventato Tesla che, oltre ad essere il più grande produttore di auto elettriche del pianeta, ha dall’inizio installato una rete di ricarica dedicata. Ora il sistema di ricarica più avanzato di Tesla funziona a 250 kW che corrisponde sia alla potenza dei punti di ricarica della casa californiana, sia a quella dei ricaricatori montato sulle vetture del brand. Un bell’andare. Uno standard decisamente elevato di chi ha considerato dall’inizio la ricarica un’operazione fondamentale per l’auto ecologica.

COSTRUTTORI CONSORZIATI

Ma si può fare molto meglio. Alcuni costruttori si sono organizzati per mettere a disposizione anche in Europa una rete adeguata e, nel 2017, hanno fondato Ionity. Si tratta di un consorzio di cui fanno parte BMW, Daimler, Ford, Hyundai e i marchi premium del gruppo Volkswagen, Audi e Porsche. La struttura, con sede a Monaco di Baviera, ha già realizzato 400 stazioni High-Power-Charging (HPC) in 23 paesi. La distanza massima fra un punto e l’altro è di 120 km in modo che si può scorrazzare per tutto il Continente senza apprensione. Ogni distributore ha dai 2 ai 12 punti di rifornimento a 350 kW. La ricarica ultrafast, nata per le lunghe percorrenze, può essere la soluzione ideale anche in città perché chi deve partire di fretta e ha dimenticato di fare il pieno può recuperare con un rapido pit stop di un ventina di minuti. La scorsa settimana Enel X, in collaborazione con Volkswagen Group Italia, ha inaugurato a Roma il primo Store ultrafast metropolitano dove è possibile ricaricare a 350 kW. Le colonnine potentissime non servono a nulla se non si ha la vettura adeguata, con il ricaricatore giusto. Anche qui, come per le colonnine, c’è un’ampia scelta. I modelli “pionieristici” ricaricavano a 7 o a 11 kW. Poi la potenza è salita arrivando a 22, 50 fino a 100 kW o oltre. Le auto “normali”, ma ci sono anche le supercar. La Tesla ricarica a 250 kW, ma c’è già chi fa meglio, attendendo la risposta di Palo Alto che vorrà sicuramente riprendersi la leadership.

SPRIGIONA CALORE

La Porsche Taycan, che ha una batteria a 800 volt, è stata la prima auto di serie in grado di fare il pieno a 270 kW e può quasi sfruttare in pieno le potenzialità di una Ionity da 350 kW. Performance recentemente uguagliata dall’Audi e-tron GT che nasce sulla stessa piattaforma. E sì, attaccandosi qui con qualsiasi altra vettura, la velocità di ricarica è data dal veicolo e non dalla colonnina. Si deve attendere oltre un’ora per fare il pieno ad un veicolo con la batteria con capienza di soli 50 kWh, mentre bastano 20 minuti per riempire l’accumulatore da oltre 100 kWh con l’impianto di ricarica adeguato. Tutto qui? Più o meno. Incidono anche altre variabili. Non conviene mai rifornire fino all’orlo, perché il tempo che serve per l’ultimo 20% non è molto diverso da quello da 0 a l’80%. Per fare un lungo viaggio il più rapidamente conviene quindi attuare la “strategia” a più soste perché il tempo complessivo si abbassa. È la vettura a sapere, in base al territorio che attraversa, dove è meglio fermarsi per arrivare prima. Ultima delle cose principali è la curva di ricarica perché, quando si spara a bordo una scarica di energia elevatissima, la batteria si scalda se non c’è un impianto di raffreddamento all’altezza. In quel caso il caricatore di bordo riduce la portata di energia proveniente dall’esterno anche se il caricatore consentirebbe una portata maggiore. L’Audi, da questo punto di vista, è messa molto bene.

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