Blue Economy, dai rifiuti del mare una riserva di energia: ad Ancona un progetto pilota

Il Pelikan, "aspirapolvere" del mare
di Edoardo Danieli
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 20 Gennaio 2021, 15:01 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 16:29

Qui dove il mare luccica, è tutto pieno di plastica. Il mare, che non è più in grado di riceverla, comincia a restituirla, fino al punto che microplastiche sono state trovate anche nella placenta umana. Da un lato c’è quindi lo sforzo di produrre meno materiale inquinante, allargando i confini dei materiali eco-compatibili; dall’altro c’è l’obbligo di riuscire a toglierne il più possibile di mezzo, in primo luogo dai mari. Magari, inventando anche sistemi che, all’opera di pulizia, aggiungano, senza altre compromissioni ambientali, un valore economico. Va in questa direzione, il progetto Green Plasma che mira a produrre energia dalle plastiche ripescate in mare. Un progetto nato in seno alla Iris, pmi innovativa di Torino, sperimentato in laboratorio al Crn di Genova e che, dall’inizio di dicembre, si è accasato al porto di Ancona per la definitiva applicazione in mare. Obiettivo: trattare fino a 100 kg di rifiuti al giorno per mille Kwatt di energia prodotta. «Ad Ancona abbiamo trovato un team esperto e molto professionale con cui avviare un solido percorso condiviso», ha detto Manuel Lai, amministratore delegato di Iris. Un team che comprende centri scientifici come il Dipartimento di scienze della vita e dell’ambiente (Disva) dell’Università Politecnica delle Marche e l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Irbim Cnr); istituzioni come la Capitaneria di Porto di Ancona e l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale; società private come Garbage Group, che ha realizzato il Pelikan, imbarcazione specializzata nella pulizia degli ambiti portuali.

Leggi anche:

Auto elettrica, la nuova mobilità parte dal pianale

Il nuovo nucleare, fissione addio: ora si punta sulla fusione per produrre energia pulita e sicura

Internet of things, la sfida Vodafone per ridurre le emissioni

LA RETE

Il Disva di Ancona, diretto dal prof Francesco Regoli, fa parte di una rete europea di istituti di ricerca studi scientifici e di formazione didattica sulle problematiche dell’ambiente marino esaminato in tutte le sue componenti. In collaborazione con l’unità di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma, diretto da Antonio Ragusa, ha partecipato alla ricerca, pubblicata di recente sulla rivista scientifica Environment International, grazie alla quale è stata provata per la prima volta la presenza di microplastiche nella placenta umana. «Con la presenza di plastica nel corpo viene turbato il sistema immunitario che riconosce come self anche ciò che non è organico. È come avere un bimbo cyborg: non più composto solo da cellule umane, ma misto tra entità biologica e entità inorganiche. Le madri sono rimaste scioccate», ha commentato Ragusa in sede di presentazione della ricerca. La necessità di un intervento diventa strategica. Infatti, secondo il recente studio “The Mediterranean: Mare plasticum”, pubblicato a cura del International Union for Conservation of Nature and Natural Resources, la plastica totale accumulata nel Mediterraneo è stimata nell’ordine di grandezza di 1.178.000 tonnellate. Lo stesso studio stima una dispersione di plastica annuale media di 229.000 tonnellate, costituite dal 94% di macroplastiche e dal 6% di microplastiche. Il 2021 sarà dunque l’anno in cui Green Plasma prenderà il mare ad Ancona su una imbarcazione messa a disposizione dall’Irbim Cnr.

Spiegano i tecnici: il dispositivo si basa sull’utilizzo della tecnologia di conversione termochimica che consente di trasformare in gas qualsiasi composto organico, separandolo dalla matrice inorganica. Il trattamento produce un syngas molto ricco di idrogeno facilmente convertibile in energia elettrica.

Secondo Gian Marco Luna, direttore di Irbim Cnr, «questo dispositivo rappresenta una importante innovazione verso la possibile bonifica dei nostri fondali, potenzialmente in grado di rimuovere e valorizzare rifiuti plastici che rischiano, insieme ad altri inquinanti che trasportano, di finire sulle nostre tavole attraverso processi di frammentazione e magnificazione lungo le reti trofiche marine». Fa eco Regoli: «Per molti anni abbiamo ritenuto che la plastica fosse un inquinamento solo estetico, oggi sappiamo che questo materiale si degrada lentamente in particelle microscopiche, che possono portarsi dietro sostanze tossiche ed hanno effetti subdoli, difficili da diagnosticare ma che certamente possono avere effetti sullo stato di salute degli organismi».

L’ESPERIENZA

Nel network si inserisce anche l’esperienza di Pelikan, imbarcazione costruita ad Ancona dal cantiere Cpn e dalla società Garbage, che nei giorni scorsi ha pescato nel porto della città dorica una capsula del tempo: un flacone vuoto di Polivetro Sidol, praticamente intatto, sebbene sia uscito di produzione sul finire degli anni Settanta. Pelikan, consegnato al governo thailandese nel dicembre del 2019, sta conquistando mercati sempre più ampi, come quelli del Golfo arabo, in particolare il Kuwait con il quale è stato firmato un accordo commerciale per il 2021. In sostanza è un aspirapolvere marino pensato per raccogliere i rifiuti solidi, semi sommersi e oleosi presenti sulle superfici d’acqua chiuse: manovrato da due uomini, è eco-friendly, costruito in alluminio riciclato (l’equivalente di 220mila lattine) ed alimentato da pannelli fotovoltaici e lubrificanti green. Il connubio tra Pelikan e Green Plasma potrà essere una svolta nell’opera di disinquinamento del mare. Lo conferma, Paolo Baldoni, Ceo di Garbage: «Mettere sul mercato una nuova tipologia di Pelikan che può utilizzare la tecnologia messa a punto da Iris sarà un grande balzo tecnologico». Fate presto, perché il mare non può più attendere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA