Il presidente di Enea: «La sede di Frascati contribuirà al più grande esperimento mondiale di fusione a caldo»

Il presidente di Enea: «La sede di Frascati contribuirà al più grande esperimento mondiale di fusione a caldo»
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Mercoledì 19 Maggio 2021, 11:48 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 08:40

Per produrre l’energia che accende le stelle serve un maxi cilindro ipertecnologico alto dieci metri e con un raggio di 5 come quello che verrà realizzato nel Centro di ricerche Enea di Frascati. Il Divertor Tokamak Test (DTT)tdell’ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente rientra nel maxi-progetto Iter, da oltre 20 miliardi di euro, per la messa in moto in Francia dell’International Thermonuclear Experimental Reactor, il più grande esperimento mondiale sulla fusione nucleare. «Nel cilindro», racconta il presidente di Enea Federico Testa, «saranno confinati 33 metri cubi di plasma a circa 100 milioni di gradi, con un’intensità di corrente pari a quella di sei milioni di lampadine e un carico termico sui materiali di oltre due volte la potenza di un razzo al decollo. Verranno anche utilizzati 40 chilometri di cavi superconduttori di niobio, stagno, titanio, a 269 gradi centigradi sotto zero». L’energia prodotta dalla fusione nucleare potrebbe diventare protagonista nella seconda metà del ventunesimo secolo anche secondo il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che l’ha definita la rinnovabile delle rinnovabili. Ma ci sono delle criticità da risolvere, in primis quella legata allo smaltimento delle elevate temperature generate dalle reazioni di fusione. Ed è qui che entra in gioco il DTT di Enea, macchina che comporta un investimento complessivo di oltre 600 milioni di euro, di cui 250 provenienti da un prestito della Banca europea degli investimenti che lo ha inserito tra i Progetti strategici.

IL PROGETTO

«Il DTT è tra i maggiori esperimenti collaterali al progetto Iter, che coinvolge l’Unione Europea ma anche Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Russia e Stati Uniti, per la realizzazione di un reattore sperimentale a Cadarache, vicino a Marsiglia, proprio perché affronta il problema delle altissime temperature che si sprigionano con la fusione nucleare», spiega il presidente di Enea. Nel DTT il plasma bollente verrà fatto confluire su un apposito componente, il divertore, da cui prende il nome la struttura, in grado di sopportare temperature come quelle sulla superficie del sole. «Il progetto», prosegue Federico Testa, «avrà ricadute di circa 2 miliardi sul territorio e 1.500 occupati direttamente e nell’indotto».

Intorno al DTT nasceranno anche un polo internazionale sulla fusione e una cittadella della scienza, all’interno del Centro di ricerche di Frascati, allo scopo di trattenere i cervelli italiani e attirare quelli dall’estero. Nel frattempo, le gare vinte per la realizzazione della facility sperimentale promossa da Enea, Eni e Consorzio Create hanno superato quota 85 milioni di euro e sei nuovi soci, tra cui anche l’Istituto nazionale di fisica nucleare, hanno fatto il loro ingresso nella compagine azionaria della società incaricata di realizzare il Tokamak, la DTT Scarl. Li affiancherà, a breve, anche il Cnr.

LA PROSPETTIVA

Nonostante la forte crescita delle rinnovabili dell’ultimo decennio, in Italia la metà circa dell’energia elettrica che viene consumata è prodotta con fonti fossili. La fusione nucleare viene vista come una soluzione nell’ambito della transizione energetica perché consente di produrre grandi quantità di energia in modo sostenibile e sicuro, senza emissioni di CO2 né scorie, con lo stesso meccanismo che illumina gli astri, compreso il sole. «L’Italia è in prima linea, basti pensare che molti dei componenti di Iter sono realizzati nel nostro Paese per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro di contratti aggiudicati, corrispondenti a più del 50 per cento del totale». Nel contempo Enea si muove sul fronte dell’idrogeno, con un progetto da 14 milioni di euro finanziato dal Mise nell’ambito dell’iniziativa internazionale Mission Innovation che prevede la realizzazione di una Hydrogen valley italiana nel Centro di ricerche della Casaccia, vicino alla Capitale, destinato a diventare «una sorta di incubatore tecnologico nazionale, dotato di un sistema integrato di infrastrutture hi-tech, dove fare innovazione e trasferire tecnologie all’industria». 

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