Rivoluzione calcio: big data e analisti contano sempre di più. Così si decidono le formazioni

Potrebbe anche finire che gli allenatori non serviranno più.

Di certo, ad oggi, molti che lavorano nel mondo del pallone iniziano ad avere il posto che scricchiola: l’IA avanza nelle società come nel rettangolo di gioco. Sempre più club infatti scelgono con gli algoritmi, sia tecnici (vedi Blessin al Genoa) che giocatori. Anche i dirigenti, a dire il vero, con la Roma che quasi tre anni fa decise di prendere Tiago Pinto in questo modo, visualizzando numeri e dati. Il resto poi è venuto da solo. E nell’era dei computer che calcolano ogni cosa al secondo, sviluppando anche situazioni di gioco basandosi su big data, l’IA potrebbe irrompere in maniera irreversibile sul calcio
Le società di impiego e sviluppo dell’applicazione dell’IA al pallone già ci sono, create ad hoc da uomini che hanno capito che questo è il futuro e di conseguenza hanno lasciato il proprio posto di lavoro: come Lee Mooney, ad esempio. Abbandonato Pep Guardiola al Manchester City (lui si è preso comunque un paio di astrofisici per analizzare le immagini che arrivano dai droni durante l’allenamento e incrociare numeri e simboli), ha fondato la Mud Analytics, in grado di elaborare dati di 45 campionati differenti. Anche il Siviglia non più di tardi di qualche mese fa ha raggiunto un accordo con la IBM per un servizio simile: gli andalusi potranno avere circa 200 mila rapporti di scouting con informazioni dettagliate. Non sono gli unici club che ormai hanno imboccato questa via, in Italia e in Europa sono moltissimi quelli che si affidano a sistemi di calcolo complessi. Come la SkillCorner francese, che basandosi sull’intelligenza artificiale fornisce dati di tracking dei giocatori precisi e completi su scala globale.

CHI RISCHIA?

Così la figura che trema di più è quella dello scout: niente più gente presente sul territorio (che costa tanto) a visionare, a vedere movimenti, comportamenti e posture di un ragazzino, ma immagini mandate in tempo reale attraverso delle applicazioni che definire sofisticate non rende l’idea. E poi ci sono anche quelle di “autogestione”, come la AiScout: ragazzi che palleggiano, si muovono con il pallone tra i piedi, fanno vedere qualche acrobazia e poi caricano tutto in questa piattaforma online per cercare di salire su quello che potrebbe essere l’ultimo treno. E qualcuno in Inghilterra già ha trovato lavoro così, dopo essere stato scartato più o meno adolescente da qualche club professionistico. Ad avere l’idea è stato appunto il padre di uno di questi giovanotti tagliati, Darren Peries dopo che suo figlio, Reef, è stato lasciato andare dal Tottenham Hotspur all’età di 16 anni. Il claim dell’applicazione che valuta anche le caratteristiche biomeccaniche e che non si ferma quindi a farti vedere se uno sa stoppare il pallone o meno, è “nessun talento resti indietro”.
E non basta. Può per esempio un computer indicare ad un tecnico quando è arrivato il momento di cambiare sistema tattico? A quanto pare sì, perché in un’inchiesta condotta da L’Equipe si legge che alcuni software, analizzando una sostituzione di un giocatore decisa dal tecnico avversario, ti dicono se è arrivato il momento di adottare una rivoluzione in campo. Magari passando a una difesa a tre con due uomini larghi per bloccare quel giocatore avversario appena spedito nella mischia per far sviluppare sulle corsie il gioco della propria squadra. Il sistema calcola velocemente le caratteristiche del subentrato di turno e manda degli input al tecnico e al suo staff – fondamentali sono i match analyst – che ovviamente non possono non tenerne conto. Una volta gli allenatori bravi, o almeno così hanno sempre raccontato, erano quelli che sapevano “leggere” la partita: capire il momento e cercare di fare meno danni. Adesso c’è un computer che lo fa per loro, un’intelligenza artificiale che suggerisce cosa scegliere, che in sostanza può decidere la formazione in base ai numeri. 
Magari quelli che raccolti dal pallone ipertecnologico – ai prossimi Europei debutterà il Fussballliebe (letteralmente “Amore per il Calcio”) – o la goal-line technology. O meglio dal Gps che ogni calciatore tiene attaccato alla maglia in allenamento o in partita. Poi però sarebbe opportuno non perderlo così come successo a Veltman del Brighton, che ha regalato la casacca a un tifoso con tutto l’impianto hi tech. La società inglese ha pubblicato una foto sui social: la mappa del calore – la preziosa Heatmap che individua tramite i colori tutta l’attività e gli spostamenti del giocatore in campo – completamente vuota, chiedendo che tutto fosse rispedito indietro. I dati erano preziosissimi e al tifoso è stata regalata una maglia nuova di zecca (e profumata).

INFORTUNI E MATCH FIXING

Corsa, camminata, denti, cervicale. Tutti dati che fanno massa e che alla fine evidenziano pure quante possibilità ci sono che un giocatore si possa infortunare. È questa l’ultima frontiera dell’Intelligenza artificiale. Va in questa direzione una delle ultime società nate: la Noisefeed, che raggruppa informazioni relative a 45 competizioni con video (tipo 45mila) su diversi infortuni. Il Liverpool è l’ultimo club (dopo quelli di Lega serie A, Bundesliga, Ligue 1 e Leghe brasiliane) che ha sottoscritto un accordo con questa azienda della quale uno dei proprietari è Gianluca Galliani, figlio di Adriano. Ovvio che aiuterà giocatori e società indicando anche i metodi di recupero da utilizzare. E già, in questo caso, forse potrebbe essere davvero utile.
Così come è utile nel cercare di abbattere il pericolo delle scommesse e dei match truccati. Nel consueto report annuale di SportRadar che mette nero su bianco i numeri della lotta al Match Fixing, si parla di quello che è stato il supporto dell’intelligenza artificiale: l’IA ha permesso di identificare 977 casi a rischio combine di eventi sportivi, in aumento del 123% rispetto al 2022. Niente male.

I DUBBI

Qualche cosa che l’intelligenza artificiale non può fare? Ovvio che sì: la prima, quella che tutti hanno capito, è che non può avere nessuna sensazione, che a volte è quella scintilla che fa la differenza e che fa decidere se puntare o meno su un giocatore. E poi c’è un’altra questione, burocratica, relativa nell’avere le autorizzazioni che servono per riprendere dei ragazzini. Che non è mai semplice. Ci sono i genitori dietro e alcune volte anche i procuratori che hanno iniziato pure ad abbassare l’età media dei propri assistiti. E questo frena. Ma andando avanti così anche loro dovranno alzare bandiera bianca. Il futuro è scritto. 

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