Scuola, addio ai telefoni per i ragazzi. Ma in classe si usa sempre di più l'IA per fare lezione

Lezioni personalizzate, ricerche multidisciplinari e progetti da svolgere insieme ai compagni: l’intelligenza artificiale arriva in aula e da quest’anno lo fa entrando dalla porta principale.

Potrà fare da tutor agli studenti, anche universitari, organizzerà le lezioni e gli approfondimenti e potrà anche sbrigare le pratiche burocratiche delle segreterie. Per la tecnologia e l’innovazione, quindi, il 2025-2026 sarà l’anno scolastico dei cambiamenti: da un lato entra in vigore per tutti gli studenti il divieto di usare lo smartphone tra i banchi, che fino allo scorso anno riguardava solo gli alunni delle classi elementari e medie e ora è stato esteso anche alle superiori, e dall’altro però arrivano le “Linee guida per l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nelle istituzioni scolastiche”. L’obiettivo quindi non è allontanarsi dalla tecnologia, ma avvicinarsi con un approccio consapevole. In che modo? Secondo le linee guida varate dal ministero dell’Istruzione, i docenti possono utilizzare l’IA per la personalizzazione dei materiali didattici oppure possono usarla per “l’elaborazione di risorse didattiche come simulazioni, giochi, mappe concettuali, riassunti per l’apprendimento e quiz interattivi”. L’IA può anche aiutare il docente nella redazione di rubriche di valutazione e nel supporto del tutoraggio: questi strumenti possono infatti sostenere il lavoro di docenti e studenti durante le “attività cooperative, arricchendo l’interazione attraverso domande, proposte di argomentazioni e interlocuzioni alternative, utili a stimolare il pensiero critico”. Gli allievi invece, secondo le linee guida, possono trarre vantaggi dal suo uso in termini di “integrazione di risorse multidisciplinari” e per “approfondimenti in tempo reale”. E possono trovare anche un valido strumento per un apprendimento più accessibile e inclusivo visto che le “funzionalità come il supporto multilingue e la trascrizione automatica aiutano a rendere l’ambiente di apprendimento più accessibile e inclusivo per tutti”.

LA NECESSITÀ

Per far sì che tutto questo funzioni davvero, però, è necessario capire quanto i docenti siano preparati a questo cambiamento. In realtà molti lo stanno già portando avanti: da un'indagine dell’Indire in collaborazione con il sito specialistico Tecnica della Scuola, su 1.803 docenti di ogni ordine e grado, emerge infatti che oltre la metà degli insegnanti usa regolarmente gli strumenti dell’intelligenza artificiale per le proprie attività didattiche. Il 52,4% dichiara infatti di servirsene per supportare la didattica, mentre il 10% la utilizza come strumento compensativo per studenti con difficoltà. Un percorso personalizzato, dunque, per studenti con caratteristiche da valorizzare. Gli insegnanti usano l’intelligenza artificiale anche per sbrigare altre incombenze: il 56,7% degli intervistati la mette in funzione per relazioni e progettazioni didattiche, mentre il 21,5% la sfrutta per redigere i verbali delle riunioni. L’indagine è riuscita anche a delineare il ritratto dell’insegnante che la impiega regolarmente: si tratta, nella maggior parte dei casi, di docenti di ruolo donne e over 50 che insegnano soprattutto nella scuola media o superiore e con almeno dieci anni di esperienza nell’insegnamento di materie umanistiche. E gli altri insegnanti, che non hanno ancora dimestichezza con l’IA, come devono comportarsi? Devono fare un’adeguata formazione per tornare in classe preparati: il 75% degli intervistati ritiene infatti che i colleghi che ancora non la utilizzano abbiano bisogno di “corsi specifici per sviluppare le competenze necessarie”. Ma c’è anche chi non vuole che l’IA entri tra i banchi di scuola: circa il 14%, infatti, si dichiara contrario alla sua introduzione nella didattica.

IN ATENEO

Il futuro è però già iniziato: la scuola sta avviando nuovi percorsi di formazione per i docenti. E all’università l’IA sale in cattedra. Alla Sapienza di Roma sta partendo un progetto pionieristico nell’ambito dell’intelligenza artificiale applicata all’insegnamento. Si tratta di AI-Learn: potrà valutare, con un approccio scientifico, gli esiti di un modello di didattica innovativa sulla qualità della formazione medica. Uno strumento potente: la sua forza sta nella replicabilità e scalabilità, è multilingue ed estensibile ad altre discipline, «può inserirsi in scenari clinici ancora complessi», spiegano dall’Ateneo. Saranno disponibili avatar nelle diverse funzioni di tutor e di pazienti per migliorare le competenze cliniche e decisionali di chi studia. Verranno coinvolti 50 studenti di medicina in quattro moduli fondamentali: tumore della mammella, tumore del polmone, tumori testa-collo e medicina di precisione. Alcuni di loro avranno accanto un professore-avatar IA e altri seguiranno il percorso tradizionale. Tutti, al termine, affronteranno un caso clinico complesso simulato da un paziente-avatar IA e verrà misurato, tramite un algoritmo di valutazione automatica, l’eventuale miglioramento delle competenze cliniche. Potrebbero così partire percorsi mirati in tutte le discipline universitarie. L'IA può quindi rappresentare un supporto valido per il passaggio dallo studio al mondo del lavoro. E i laureati sanno bene quanto possa essere utile: secondo i dati dell’Osservatorio Asus Business, condotto da Research Dogma su un campione di giovani laureati e laureandi under 30, il 50% pensa di essere un utente “di buon livello” in ambito informatico e il 37% dichiara di sentirsi molto preparato nell’usare il computer e i suoi programmi. Solo uno su 4 però si sente “molto preparato” sull’IA ma quasi tutti, il 95%, riconoscono che l’intelligenza artificiale avrà effetti di rilievo nel futuro lavorativo”. Tre su 4 ritengono che le competenze IA “saranno sempre più fondamentali nelle professioni”. Ma c’è un 40% che pensa che, comunque, l’impatto sarà meno radicale di quanto ci si aspetti.

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