Batterie in cerca di un cuore sostenibile: il costo ambientale per estrarre il litio, si punta al riciclo

Lo chiamano “oro bianco” e oggi è caccia aperta come non mai. Il suo nome è litio, un metallo che da almeno un decennio attira gli interessi dei colossi mondiali perché è l’ingrediente principale delle batterie grandi e piccole, dai telefonini alle auto elettriche. Le sue caratteristiche sembrano fatte apposta per il futuro della nostra società liquida e digitale. È tra i metalli che meglio conducono l’elettricità ed è il più leggero tra gli elementi solidi: un metro cubo di litio pesa solo 535 chili, contro i 19.320 dell’oro, vale a dire quasi 39 volte di meno. Non è l’unico dato che fa del litio il più “millennial” dei minerali: si tratta infatti di un metallo “giovane”. È stato scoperto nel 1817 e per quasi due secoli è stato oggetto di modesta attenzione. Nel Novecento era usato per fabbricare alcuni saponi o produrre lubrificanti per l’aeronautica. Solo con la fine del secolo il suo utilizzo si è fatto più consistente: prima in medicina (è fondamentale nella cura dei disturbi bipolari) poi come elettrodo.

L’IMPATTO

Principe dei metalli che favoriscono la sostenibilità e cuore pulsante dei componenti per la transizione energetica, il litio porta però con sè pericoli e rischi per l’ambiente. Le miniere da cui viene estratto, grandi e piccole, legali e improvvisate, sbucano come funghi in tutto il mondo producendo danni all’ambiente non sempre riparabili. Il litio si può trovare infatti in classiche miniere, agglomerato con altri minerali sotto forma di rocce, ma anche disciolto in falde sotterranee. In questo caso viene portato in superficie attraverso inondazioni e successive evaporazioni. Il processo provoca distruzione del suolo, rischio di contaminazione degli ecosistemi e consuma molta acqua: per un chilo di litio vengono usati 1.900 litri di acqua, che alla fine risulta contaminata da varie sostanze nocive. E poiché le “saline” di litio si trovano nel “Triangolo” Cile-Argentina-Bolivia, dov’è presente più del 50% delle riserve mondiali, è facile intuire quanto siano gravi i danni provocat e solo negli ultimi anni si prova a fare i conti con le istanze a favore dell’ambiente. Altro è il discorso per l’Australia, che dispone della più grande riserva di litio roccioso. Le riserve mondiali sono stimate attualmente (ma il dato cresce per l’attivazione di nuove miniere) in 80 milioni di tonnellate, per un consumo annuale cresciuto a 82.000 tonnellate nel 2020.

ANCHE IN EUROPA

 Ma a che cosa serve esattamente il litio? È fondamentale per le auto elettriche, che sono a loro volta il nostro futuro a emissioni zero. Oggi gli spostamenti in auto in Europa sono responsabili del 12% delle emissioni mondiali, ma per rimanere in linea con gli accordi di Parigi dovranno diminuire più di un terzo entro la fine del decennio, quando i veicoli elettrici potrebbero essere 40 milioni (contro gli attuali 2 milioni). Ebbene, più la domanda di litio sale (nel 2030 sarà 18 volte il volume attuale, secondo la Commissione europea), più il minerale per l’Europa si fa costoso e raro, dovendo importarlo dall’estero. Da qualche anno però anche il nostro continente ha scoperto delle piccole riserve in Portogallo, Austria e Serbia. Sopratutto in Portogallo la corsa al litio ha generato polemiche: i minatori hanno trovato una nuova occasione di lavoro, ma ambientalisti e operatori del turismo non apprezzano vedere su quelle rigogliose colline né le ferite tipiche né i profili delle grandi escavatrici.

GLI ALTRI MINERALI

 Vero è che il litio non è l’unico minerale che fa discutere quando si parla di impatto ambientale della transizione energetica. Nella lista si aggiungono cobalto, zinco, nichel – fondamentali per batterie e pannelli solari – ma anche grafite e silicio usati nella produzione di microchip. La crescente domanda porta rischi sempre maggiori nei Paesi che ospitano i giacimenti, generalmente meno sviluppati. Il che favorisce la crescita di diseguaglianze e provoca danni sociali non irrilevanti: come accade per il cobalto in Congo, Paese che vive il paradosso di essere la più grande riserva al mondo del minerale ma che soffre di una grave povertà diffusa per l’uso distorto che viene fatto della ricchezza che ne deriva.

NUOVE SOLUZIONI

 Esiste un modo per conciliare la necessità di un pianeta più sostenibile pur ricorrendo all’uso di queste risorse? Quanto alle batterie, da tempo è attiva la ricerca di soluzioni alternative al litio e minerali simili (come si può leggere nell’articolo a fianco); dall’altra, è determinante che si sviluppi una prassi di un consumo intelligente e si introduca una regolamentazione che non preveda eccezioni. Il vero punto di svolta però potrebbe essere il riciclo del litio, un mercato che secondo le stime varrà 18 miliardi di euro nel 2030. Il minerale viene estratto da vecchie batterie di auto elettriche (dove sono contenuti fino a 8 chili di litio) o dai dispositivi elettronici obsoleti: seppure il processo sia ancora costoso (comporta il riscaldamento a 300°C per far evaporare il minerale o la lisciviazione chimica in acido), molte start-up stanno provando a renderlo più conveniente, proprio come ora sono diventate più economiche le fonti rinnovabili rispetto alle fonti fossili. 

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