Sostenibilità, batterie vegetariane e pannelli solari al peperoncino

All’Università di Glasgow, in Scozia, un team di ricercatori ha inventato una batteria al litio che sfrutta innesti di amido proveniente da diversi tipi di verdura (mais soprattutto), rendendo più sostenibile la produzione ed efficiente l’accumulo e il rilascio di energia. L’hanno chiamata “veggie battery” e sfrutta dei nanotubi di carbonio e delle strutture di acido polilattico (PLA) stampato in 3D per rendere più porosi gli elettrodi, facendoli funzionare meglio che nelle tradizionali batterie al litio. Non solo: il team scozzese, che ha pubblicato i risultati sul Journal of Power Sources, sostiene che grazie a questi materiali “micro-progettati” si riduce anche l’utilizzo di minerali e metalli all’interno della batteria e di conseguenza anche la sua tossicità.

OBIETTIVI COMUNI

 La missione non è facile, ma è fondamentale: più cresce la necessità di batterie, pannelli solari, pale eoliche, più bisogna tenere gli occhi aperti sull’impatto che tutti questi strumenti, pensati proprio per salvare l’ambiente, non lo danneggino. Non è solo una questione di impatto ambientale, ma spesso anche una questione di costi e di efficienza. Come con la veggie battery, molte soluzioni hanno l’effetto collaterale di creare sinergie e benefit a entrambi i campi di ricerca.

ESPERIMENTI PICCANTI

 A volte la soluzione è proprio davanti a noi, fatta di elementi naturali. Dopo anni passati nei laboratori di chimica a sperimentare con i composti più complessi al mondo, ora gli scienziati – e con loro gli imprenditori – tornano a guardare alla natura per migliorare gli strumenti e gli impianti di energia rinnovabile. È il caso del peperoncino usato ora nei pannelli solari. Sembra uno scherzo, ma non lo è. Due team di scienziati, uno in Inghilterra e uno in Cina, hanno scoperto da poco che la capsaicina, ovvero la molecola che rende piccante il peperoncino, può essere usata nella costruzione dei pannelli fotovoltaici per aumentare la resa energetica delle celle. La sostanza, infatti, è capace di modificare la densità degli elettroni liberi di circolare all’interno dei pannelli fotovoltaici, migliorando notevolmente il flusso di corrente. «Abbiamo capito che il futuro del fotovoltaico è nei materiali naturali», spiega Daniele Iudicone, ceo di Fotovoltaico Semplice, marchio romano che già sta lavorando ai suoi pannelli “al peperoncino”. «Una delle nostre priorità è investire nella ricerca: l’obiettivo è usare meno silicio possibile e meno spazio possibile». Arrivano in soccorso anche altri bio-materiali: il magnesio potrebbe sostituire il tossico tellururo di cadmio; e il seleniuro di antimonio essere in grado di auto-riparare le celle danneggiate.

INNOVAZIONE CONTINUA

Come spiega ancora Iudicone, «siamo abituati a pensare il fotovoltaico come una tecnologia piuttosto statica. Certo, un vecchio pannello non diventa obsoleto per molti decenni, ma il settore deve aspirare a un’innovazione continua, anche nella direzione dell’eco-sostenibilità». In altre parole: il prossimo ingrediente naturale che potrebbe migliorare l’intero settore è là fuori. 

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